L’amicizia in montagna si rafforza, si fa intensa, ma s’inasprisce pure l’inimicizia, la rivalità. […]

Quassù dove tutto è più difficile i nostri gesti portano più peso, la generosità è stupefacente, l’egoismo è più meschino.

Possiamo coprirci quanto ci pare, la montagna ci scopre. Siamo più nudi che a valle.
Erri De Luca, Sulla traccia di Nives, 2005

Bisogna amare la montagna, la cucina d’entroterra e la gente semplice per decidere di indirizzare una gita fuori porta a Monte San Giacomo. Ma se queste condizioni sussistono, ci sono tutte le ragioni per conoscere un pezzetto del territorio salernitano inglobato dal Monte Cervati e dall’animo lucano.

Siamo a quasi 700 metri sul livello del mare e – com’è facile intuire – anche qui è difficile restare. Tanti coloro i quali hanno dovuto lasciarla, mantenendo radici forti e voglia di viverla anche a distanza.

Un paese d’impronta medievale con la sua montagna selvaggia, un ottimo punto di partenza per fare percorsi di trekking ed avvicinarsi davvero alla natura più incontaminata.

In Contrada Vallicelli da un po’ di tempo la Casa del Peraino è divenuto un riferimento importante per tutte le attività dell’Associazione Grotta Briganti e Cacio attiva dal 2003 e presieduta da Carmine Lisa.

Il consiglio è visionare il calendario che propongono ogni anno per vivere la natura ed i sapori di Monte San Giacomo, tutte le info su www.grottabrigantiecacio.it.

Di grande impatto le proposte di escursioni teatralizzate a cura della Cantina delle Arti, coordinate da Enzo D’Arco.

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Per i più golosi il progetto più importante dell’Associazione ha dato vita al CACIOBRIGANTE. Lo scorso 14 luglio è stato presentato al pubblico con un convegno, dove è stata ufficializzata l’autorizzazione sanitaria per la stagionatura nelle grotte del Cervati.

_ SCHEDA PRODOTTO

Il Caciocavallo di Grotta del Cervati, affinato in grotta, è stato inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Campania e l’affinamento è stato validato con il supporto del Dipartimento di Agraria dell’Università degli studi di Napoli Federico II.

Perché l’affinamento dei caciocavalli in grotta?

“Oltre che per riprodurre in modo rigoroso il formaggio che si produceva sui nostri monti, abbiamo intuito e verificato che tale soluzione esalta le caratteristiche del formaggio per l’intervento decisivo dei fattori ambientali della grotta. Una flora batterica positiva ed ottimale consente al formaggio un affinamento unico che ne caratterizza il gusto e la consistenza in modo marcato.

La scelta delle grotte carsiche del Cervati, oltre che per un corretto rispetto della tradizione e della storia, è risultata vincente per un’accessibilità sufficiente, per gli ambienti molto grandi ed alti, per le temperature ed umidità molto favorevoli, produzioni batteriologiche positivamente ottimali.

Per radicare ancora di più il formaggio al nostro territorio montano, abbiamo effettuato delle scelte tecnologiche e di merito. Difatti:

Utilizziamo latte prodotto oltre i 900 m s.l.m.;
Effettuiamo la trasformazione a latte crudo;
Utilizziamo il caglio di capretto.
Il prodotto ottenuto viene stagionato per 4 mesi in modo convenzionale in celle frigorifere a temperatura ed umidità controllate. Successivamente viene inserito in gabbie di acciaio sospese alle volte della grotta.

Dopo una permanenza di 4 mesi, tempo stimato ottimale all’attività di formazione e caratterizzazione delle muffe superficiali, capaci di modificare in modo unico la “proteolisi” del caciocavallo, si riporta il formaggio nelle celle convenzionali, pronto per essere gustato.
Il Caciocavallo di Grotta del Cervati, affinato in grotta, come facevano i nostri avi è diventato realtà!
Il prodotto è stato inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Campania e l’affinamento è stato validato con il supporto del Dipartimento di Agraria dell’Università degli studi di Napoli Federico II”.

Perché l’affinamento dei caciocavalli in grotta?

“Oltre che per riprodurre in modo rigoroso il formaggio che si produceva sui nostri monti, abbiamo intuito e verificato che tale soluzione esalta le caratteristiche del formaggio per l’intervento decisivo dei fattori ambientali della grotta. Una flora batterica positiva ed ottimale consente al formaggio un affinamento unico che ne caratterizza il gusto e la consistenza in modo marcato.
La scelta delle grotte carsiche del Cervati, oltre che per un corretto rispetto della tradizione e della storia, è risultata vincente per un’accessibilità sufficiente, per gli ambienti molto grandi ed alti, per le temperature ed umidità molto favorevoli, produzioni batteriologiche positivamente ottimali.
Per radicare ancora di più il formaggio al nostro territorio montano, abbiamo effettuato delle scelte tecnologiche e di merito. Difatti:
• Utilizziamo latte prodotto oltre i 900 m s.l.m.;
• Effettuiamo la trasformazione a latte crudo;
• Utilizziamo il caglio di capretto.
Il prodotto ottenuto viene stagionato per 4 mesi in modo convenzionale in celle frigorifere a temperatura ed umidità controllate. Successivamente viene inserito in gabbie di acciaio sospese alle volte della grotta.

Dopo una permanenza di 4 mesi, tempo stimato ottimale all’attività di formazione e caratterizzazione delle muffe superficiali, capaci di modificare in modo unico la “proteolisi” del caciocavallo, si riporta il formaggio nelle celle convenzionali, pronto per essere gustato”.

La tavola sangiacomese

Ma la tavola locale non è povera di altri preziosi riferimenti, è difatti ricca di piatti antichi che hanno superato indenni sia la nouvelle cuisine che l’assalto degli hamburger americani.

Il piatto per antonomasia, molto invernale, servito anche in estate durante le feste del paese è “Patan e cicc”.

Si tratta di una ricetta che vede protagoniste le patate di montagna e i fagioli, che – dopo una lunga cottura – si trasformano in una sorta di purè insaporito da olio di oliva, aglio, cipolla, origano, pepe o peperoncino e la polvere dei noti peperoni dolci essiccati (i cruschi).

La vera celebrazione di questa pietanza avviene ogni anno tra Natale e Capodanno, ma – seppure non sia scontato – è possibile assaggiarla nei ristoranti ed agriturismi locali. Un piatto originale che ne chiama un altro.

pere-lardare-01Vi è una pera autoctona che segue (per tradizione) una conservazione ed una preparazione rigorosamente sangiacomese. Le “pere lardare” sono anch’esse simbolo di un clima rigido e della necessità di fare scorta per l’inverno.

Un frutto che molte famiglie ospitano nel proprio orto, ma che soltanto di recente sta solleticando il desiderio di farne una coltivazione rivolta alla produzione.

Vengono raccolte tra ottobre e novembre, poi conservate in acqua, in vasi di terracotta.

Queste pere galleggiano per mesi senza rovinarsi grazie alla loro buccia spessa, acquistando un colore scuro intenso ed una dolcezza che sull’albero non avevano.

La cura consiste nel cambiare l’acqua ogni 15/30 giorni, così durano tutto l’inverno e vengono impiegate per preparare vere e proprie insalate. Consumate a pezzetti e condite con olio, sale ed aglio, oppure accompagnate da peperoni sott’aceto.

Non mancano le versioni che le vedono assieme a peperoni arrostiti e scaglie di Pecorino, o ancora mangiate con i salumi locali.

Difatti, non per importanza, va citato un souvenir gastronomico curioso ed ingegnoso, frutto di questa terra. Il caciocavallo dell’emigrante, nato oltre quindici anni fa, per raggirare i restrittivi controlli delle dogane americane e poter raggiungere i valdianesi oltre oceano. Una soppressata nascosta in un caciocavallo, un regalo nel regalo, per palati intensi.

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