L’uomo è un animale onnivoro. Nella storia dell’evoluzione umana ci sono state in effetti alcune isolate specie che si nutrivano solo di vegetali, come i parantropi. Si sono tutte estinte”. Con questa dichiarazione, Luca Avoledo, autore del libro “No Vegan”, edizioni Sperling & Kupfer, ha voluto rimarcare la natura onnivora della nostra specie, argomento che ha rappresentato il filo conduttore del talk show #Mangiareinformati che si è svolto la scorsa settimana, con grande partecipazione di pubblico.

Nel corso dell’evento, Luca Avoledo e Susanna Bramante autrice del libro “La soia: fa bene o fa male?”, edizioni L’Età dell’Acquario, hanno discusso delle principali mode e manie delle diete, dal fruttarianesimo al vegetarianesimo, sfatando, dati scientifici alla mano, le manie e le ossessioni delle tendenze più radicali, a favore invece di uno stile di vita alimentare equilibrato, in cui nessun alimento venga demonizzato a favore di un altro, sul modello della dieta mediterranea.

In particolare, Luca Avoledo ha sottolineato come si “stia radicando nell’opinione pubblica la convinzione che il consumo di carne quando non addirittura quello di latte, uova e pesce, faccia male alla salute e che la scelta alimentare più opportuna per star bene sia adottare una dieta che ne è del tutto priva, quale è quella vegana. Si tratta di un vero e proprio mito alimentare, non supportato, contrariamente a quel che tanti credono, da evidenze scientifiche”.

Tutti i dati scientifici di cui disponiamo (nutrizionali, medici, anatomici, antropologici), infatti “attestano come l’uomo sia una specie onnivora per sua natura e mettono in luce quanto la dieta vegana rappresenti una scelta innaturale, controintuitiva, nutrizionalmente e salutisticamente superflua, quando non addirittura pericolosa” ha concluso Avoledo.

L’intervento di Susanna Bramante invece ha fatto chiarezza su un alimento di grande moda oggi: la soia, entrata prepotentemente a far parte della nostra alimentazione, ed utilizzata soprattutto in prodotti sostitutivi della carne, del latte e dei formaggi, trovando consensi non solo tra i vegetariani e i vegani, ma anche tra chi vorrebbe seguire una dieta “sana”.

Ripercorrendo le origini storiche e culturali della sua produzione in Oriente, Bramante ha mostrato come le differenze di produzione, specialmente quelle “riguardanti il processo di estrazione delle proteine, colleghino il consumo di soia a numerosi problemi e rischi per il fisico, su tutti, disturbi della riproduzione e della fertilità, specialmente nelle donne e nei bambini”.

Nell’esporre i rischi di questo alimento ha invitato quindi al consumo equilibrato di tutti gli alimenti, specialmente quelli che compongono la nostra dieta tradizionale, evitando dunque gli estremismi e le mode.

I due autori sono stati inoltre concordi nell’evidenziare come quella che anni fa sembrava una scelta “antagonista e rivoluzionaria”, ovvero mettere nel carrello prodotti vegan e sostitutivi proteici, oggi è invece pressoché un atto che produce ricchezza per la cosiddetta “vegan economy”, che non va demonizzata, ma che è di gran lunga distante dall’immagine bucolica del contadino di prossimità.

L’informazione è dunque il primo degli ingredienti che bisognerebbe mettere nel piatto degli italiani, un popolo che resta onnivoro, come confermato dalla recente ricerca Eurispes 2017 che evidenzia un’inversione di tendenza nella percentuale di vegetariani e vegani nel nostro Paese passata dall’ 8,1% dell’anno precedente al 7,6% (-0,5%). D

i questi il 4,6% sono vegetariani (-2,5%) e il 3% vegani (+2%). Pertanto 300.000 persone, in un solo anno, sono tornate a mangiare carne.

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