L’idea di associarsi è nata circa tre anni fa ma si è concretizzata solo da qualche mese. In tutto questo tempo si sono metabolizzati gli intenti, le opportunità e sono anche cambiati alcuni attori. La svolta decisiva si è avuta nell’aprile scorso grazie al supporto di soggetti del calibro di Assobirra, Regione Campania, Coldiretti e Slow Food. La strada era già tracciata come dimostrano le precedenti intense collaborazioni  tra alcuni dei birrifici. Nel 2010 a Pianeta Birra a Rimini per la prima volta nella storia organizzammo una degustazione, guidata dal grande Lorenzo Dabove alias Kuaska, sul movimento Birrario Campano. Eravamo solo tre birrifici ma il successo fu grandissimo e ciò ci spinse a ripeterla l’anno successivo con ancora più clamore. Quest’anno ci abbiamo riprovato al Salone del Gusto di Torino ma con grande soddisfazione eravamo 6 birrifici ed è stata un’apoteosi. Ci vuole tempo, fatica e determinazione ma alla fine i risultati arrivano”. Così Giuseppe Schisano, imprenditore brassicolo e presidente dell’Associazione Birrai Campania, racconta della nascita di questa nuova realtà associativa. Nata coi migliori intenti e col desiderio di conquistare più spazio per una produzione che cresce in qualità ed in quantità.

Ad aver aderito – ad oggi – sono 7 birrifici: il Birrificio Aeffe (SA), il Birrificio dell’Aspide (SA), il Birrificio Karma (CE), il Birrificio Irpino (AV), il Birrificio Maltovivo (BN), il Birrificio Maneba (NA) ed il Birrificio Sorrento (NA). A questi si unisce anche una malteria “l’Agroalimentare Sud” di Melfi, che è in grado di fornire malto d’orzo coltivato in Campania ed ha il know-how necessario per supportare i birrifici nelle prove di maltazione.

Tra alcuni di noi c’è un’amicizia fin da quando abbiamo mosso i primi passi brassicoli e addirittura con alcuni ci siamo conosciuti partecipando agli stessi concorsi per homebrewers. Tra tutti c’è grande stima, voglia di confronto e comunità d’intenti: come in una famiglia ci può essere qualche incomprensione ma siamo molto portati al dialogo e questo ci aiuta a  ricominciare velocemente a remare nella stessa direzione. L’obiettivo principale è quello di produrre Birra Artigianale di qualità legata al territorio utilizzando le materie prime classiche della birra. Noi vogliamo un prodotto che possa definirsi campano utilizzando malto d’orzo, cereali e luppoli coltivati in Campania e se ci riusciamo anche utilizzando lievito autoctono. Per far ciò ci proponiamo di  coinvolgere altri proprietari terrieri che vogliano valorizzare o convertire le proprie colture  stringendo collaborazioni con noi, valorizzare terre incolte o beni sequestrati alla camorra tanto per fare degli esempi. L’impegno sta nella ricerca di questi terreni, avvalersi di un buon agronomo o della facoltà di agraria e dare le indicazioni per la coltura e la maltazione. Infine acquistare questi prodotti per utilizzarli nelle nostre produzioni. Per il luppolo vale lo stesso discorso. Qui la difficoltà è trovare un laboratorio in grado di fare le analisi degli alfa acidi. Per quanto concerne il lievito l’obiettivo è quello di coinvolgere la facoltà universitaria di Biologia o di Enologia. Se riusciremo a selezionare un lievito autoctono allora potremo parlare  effettivamente di Birra Artigianale Campana al 100%” – continua Schisano.

Ma le problematiche per le piccole aziende, in questo caso birrifici, sono tante, come quelle relative agli acquisti. Se non se ne fanno di collettivi i prezzi lievitano e qualche contatto diventa addirittura difficile.

ASSOBIRRA SCENDE IN CAMPO CON L’A.BI.CAMPANIA. Un mesetto fa a seguito della diffusione della notizia della nascita dell’A. Bi. Campania si sono sollevate alcune polemiche relative – in particolare –  ad un supporter considerato “non adatto” e cioè AssoBirra.

Ma le ragioni di questa collaborazione Giuseppe Schisano le racconta con molta semplicità: “Le nostre sono tutte piccole aziende, in molti casi c’è una sola persona che fa tutto: produce, etichetta, vende, contatta i fornitori. La realtà ed il mercato imporrebbero invece un’organizzazione aziendale ben strutturata ed organizzata. AssoBirra è un’associazione di categoria che offre ai microbirrifici servizi che per una piccola impresa sarebbero impensabili e costosissimi: dalla consulenza aziendale a quella legale e dalle analisi di laboratorio alla documentazione per le esportazione. Sono solo alcuni esempi ma se ne potrebbero fare tanti altri. AssoBirra non impone nulla, ti offre un servizio ma se non ti interessa fai come ti pare. Non credo ci siano altre associazioni in grado di offrirci tutto ciò e sicuramente nessun’altra ha dimostrato lo stesso interesse nei nostri confronti. Ciò che interessa ad AssoBirra è aumentare il numero dei suoi associati poiché, per un’associazione di categoria, significa avere maggior peso nell’interfacciarsi con le istituzioni”.

OBIETTIVI. A questo punto all’A.Bi. Campania non resta che guardare avanti, l’obiettivo è di quelli importanti, per cui vale la pena impegnarsi. “Vorremmo produrre delle birre targate A.Bi. Campania utilizzando malto d’orzo coltivato in Irpinia (in attesa di potere utilizzare altre materie prime campane) che ci verrà fornito dall’agroalimentare. L’idea è quella di produrre una birra per ogni birrificio associato. Ogni birrificio crea la ricetta che poi verrà realizzata sul proprio impianto tutti insieme, creando contemporaneamente un momento produttivo e di confronto.  Parte del ricavato servirà ad autofinanziare i progetti dell’Associazione.”

LO STATUS QUO. Campania brassicola: gioie e dolori. Ad una crescita qualitativa non corrisponde quella del consumatore che – probabilmente – ancora non comprende il prodotto e lo sforzo necessario ad ottenerlo. Pochi giorni fa Luca Giaccone, curatore di Slow Food per la Guida alle Birre d’Italia, ha fatto visita ai birrifici associati ad A.Bi.Campania. Le sue considerazioni sono queste, “esiste un gap notevole tra il livello delle produzioni e la preparazione del mercato dei consumatori, dei ristoratori e anche dei giornalisti. Da qui l’esigenza di lavorare e adottare iniziative per ridurre questo gap”.

Le gioie derivano dal fatto che la Campania nonostante tutto rimane “felix” e l’incredibile qualità e varietà della produzione agricola si riflette sulle produzioni e la curiosità del Birraio. L’eccelsa gastronomia poi fa ben sperare in quanto man mano che il consumatore e gli addetti ai lavori prenderanno coscienza che esiste la birra artigianale non potranno non tenerne conto. Lavorare su un mercato vergine è molto faticoso ma se lo si fa con passione ed abnegazione può portare frutti molto soddisfacenti” – precisa Schisano.

IL FUTURO DELLA BIRRA CAMPANA. “Sicuramente il futuro è quella di una birra artigianale legata al territorio, quindi tipica, in modo riconoscibile. Io vado in Campania perché trovo quella birra e così la fanno solo lì. E’ l’unico modo per distinguersi in una globalizzazione imperante. E’ qui che entrano in gioco gli obiettivi dell’A.Bi.Campania con la ricerca e promozione di coltivazioni d’ orzo, cereali e luppoli made in Campania. L’Associazione può essere un ottimo banco di prova per poi man mano inserire l’utilizzo di queste materie prime in tutta o parte delle produzioni dei singoli Birrifici. Ovviamente anche la Birra Artigianale non può prescindere dal territorio in cui nasce e quindi da ciò che offre. Le Birre contenenti prodotti tipici ci sono ed è giusto che continuino ad esserci ma fermarsi a questo, caratterizzarsi solo per un singolo ingrediente, è limitante e senza troppo futuro”.

EATALY APRE LE PORTE ALLA PERONI: segno di apertura o convenienza commerciale?. “Ho letto un po’ di articoli su questo accordo, non ne conosco le ragioni non avendo avuto modo di parlare con i protagonisti e quindi non me la sento di criticare il tutto a priori. Se lo facessi cadrei nello stesso errore in cui sono caduti quelli che hanno criticato A.Bi.Campania. Era appena uscito un comunicato stampa e subito sono partite critiche feroci, ma nessuno si è preso la briga di contattarmi e approfondire i nostri obiettivi. Allo stesso tempo però non mi piace sfuggire alle domande.  Diciamo che la prima reazione è sicuramente quella di storcere un po’ il naso non tanto perché la Peroni è una birra industriale, in Eataly già erano commercializzate birre industriali, quanto per il fatto che ormai la Peroni tutto è fuorché italiana. Io invece mi soffermerei sulla frase di Farinetti “Non voglio più lottare contro le multinazionali ma voglio convincerle a diventare buone, pulite e giuste” che secondo me, se concretizzata realmente, ha del rivoluzionario. Come ho già detto non mi piace criticare a priori ma aspetto a verificare se è stata l’inizio di una rivoluzione o semplicemente un accordo commerciale. Per far ciò però bisognerà aspettare e seguire la vicenda nel tempo”.

Rispondi

Please enter your comment!
Please enter your name here