Gli squali sono imponenti predatori che abitano i nostri mari dalla notte dei tempi ma oggi più che mai non navigano in buone acque.

Ogni anno nel mondo ne vengono uccisi circa 100 milioni in una percentuale compresa tra il 6,4% e il 7,9% di squali di tutte le specie secondo uno studio della Dalhousie University in Canada.

Qualunque percentuale superiore al 4,9% annui rappresenta una minaccia per la sopravvivenza a lungo termine, soprattutto per gli squali che hanno tempi di riproduzione e crescita piuttosto lunghi.
In Europa il 7,5% delle specie di pesci marini europei è a rischio di estinzione come conferma il rapporto appena pubblicato dalla IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) e dalla Commissione Europea. Il dato più allarmante riguarda gli squali, razze e chimere. Il 40,4% sono ad altissimo rischio di estinzione.
La Lista Rossa pubblicata dalla Commissione Europea ha stimato che il Mar Mediterraneo, dove vivono più di 80 specie tra squali e razze, la costa ovest della Penisola Iberica e le Isole Macaronesian hanno il più alto numero di specie minacciate.
A fornire un quadro generale sulle condizioni in cui versano gli squali nel Mediterraneo ci ha pensato oggi nel suo convegno conclusivo SharkLife presso Società Geografica Italiana, il progetto Life+ della Commissione Europea iniziato nel 2011 orientato ad implementare azioni urgenti per la conservazione dei pesci cartilaginei nei mari italiani, con una particolare attenzione al trigone viola ed allo squalo elefante, il pesce più grande del Mediterraneo.
Uno scenario di partenza non proprio roseo che indica, in particolare per le due specie indicate, come il più grande rischio di estinzione sia dovuto alla pesca accidentale.

Essendo animali che non hanno valore commerciale, ma che molto spesso vengono catturati accidentalmente, sono state adottate misure ad hoc per la riduzione della mortalità causata dalle attività di pesca professionale.
Il trigone viola, è una specie pelagica che vive a grande distanza dalle coste spesso catturata accidentalmente soprattutto durante la pesca al pescespada. Con il progetto SHARKLIFE si è voluto dimostrare che gli ami circolari caratterizzati da una curva molto chiusa e già utilizzati per limitare il numero di catture accidentali di tartarughe marine, sono utili anche per evitare le catture dei trigoni.

Per questo motivo l’AGCI Agrital, associazione di cooperative di pescatori e partner del progetto, ha attivato la propria rete territoriale per programmare delle cale sperimentali utilizzando palangari armati con ami circolari in alcune regioni, ovvero Sicilia, Calabria e Puglia.

Sono stati quindi fatti realizzare 5 palangari completi di 1.000 ami circolari ciascuno e, individuate le marinerie di riferimento a Porto Rosa (ME) in Sicilia, Lesina (FG) e San Foca (LE) in Puglia, e Bagnara Calabra (RC) in Calabria, sono state condotte 3 distinte campagne: nell’estate del 2012, 2013 e 2015.
Nel primo anno di attività, in Sicilia, sono stati coinvolti 6 motopesca appartenenti alla marineria di Porto Rosa e Milazzo. Le aree di pesca erano situate tra le isole Eolie e il Golfo di Patti e le uscite sono state 24 per un totale di circa 24.000 ami circolari. Da sottolineare che in questa area di pesca si è registrato il più alto numero di catture accessorie di tutto il progetto SharkLife; le specie catturate sono state trigoni viola e tartarughe marine della specie Caretta caretta. Entrambe le specie, insieme all’unica verdesca pescata, sono state liberate in mare. Nell’estate del 2013 sono state effettuate 12 giornate di pesca con 3 pescherecci della marineria di Bagnara Calabra.
Nel complesso le catture commerciali sono state buone, a dimostrazione del fatto che gli ami circolari non riducono le catture di pescespada. Nel mesi di maggio e giugno 2015 si è proceduto ad effettuare le ultime uscite in Puglia, coinvolgendo 6 motopesca, 4 di Lesina e 2 di San Foca, per un totale di 24 uscite e circa 24.000 ami circolari utilizzati. Storicamente nella marineria di Lesina non si effettua la pesca con il palangaro derivante, proprio per questo i pescatori hanno accolto con entusiasmo l’utilizzo di questo nuovo attrezzo, in quanto potrebbe favorire la diversificazione delle attività di pesca e ridurre la pressione su determinati stock ittici. si è osservato che l’utilizzo e la diffusione su larga scala degli ami circolari riduce dell’80% la cattura accidentale del trigone viola.
Un contributo alla conservazione degli squali arriva anche dal mondo della pesca sportiva. La FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva Attività Subacquee e Nuoto Pinnato), partner del progetto SharkLife, per dare un segnale tangibile alla salvaguardia di questi animali grazie a questo progetto ha deciso di modificare il regolamento delle competizioni di pesca sportiva vietando il prelievo di tutte le specie di squali, razze e trigoni, e promuovendo tra i suoi associati l’attività di Tag and Release, che consiste nel “marcare” e successivamente rilasciare la preda dopo la cattura.
A partire dal 2012, sono state effettuate 557 gare a cui hanno partecipato 25.000 pescatori sportivi ai quali, prima di ogni competizione, è stato illustrato il progetto SharkLife e il nuovo regolamento di pesca. Durante il progetto sono stati marcati in totale 57 animali: 45 Palombi, 10 Verdesche, e 2 Trigoni Viola. Ma il numero di squali pescati e rilasciati ha superato i 100, dal momento che i pescatori, anche fuori dalle competizioni ufficiali, hanno completamente condiviso gli obiettivi del progetto e liberato di conseguenza tutti gli squali catturati.
L’altro grande obiettivo di SharkLife è stato quello di sviluppare un sistema innovativo per la riduzione delle catture accidentali dello squalo elefante e di altre grandi specie marine protette. Lo squalo elefante o cetorino rappresenta il secondo pesce al mondo per dimensioni dopo lo squalo balena.

squalo 2

La sua presenza nei nostri mari, oltre che dalle occasionali osservazioni effettuate in mare aperto, è purtroppo testimoniata dalle molte catture accidentali effettuate con le reti da posta. Per risolvere il grave problema delle catture accidentali, nell’ambito di SharkLife, l’unità di ricerca dell’Università della Calabria (DIMES), ha progettato e messo a punto uno speciale dispositivo in grado di lanciare un segnale d’allerta quando gli squali elefanti, o altre specie marine di grandi dimensioni, finiscono accidentalmente nelle reti da posta.

Si tratta di una rete da posta sensorizzata, costituita da una classica rete a tramaglio a tre strati. L’architettura adottata prevede una boa Master e un certo numero di boe Slave. La boa Master svolge la funzione di boa di segnalazione galleggiante. Essa contiene inoltre l’unità di raccolta e comunicazione dati ed è in grado di effettuare un collegamento dati attraverso la rete telefonica cellulare, verso un Web Server. Quest’ultimo rende disponibile l’accesso alle informazioni e il controllo del sistema mediante una pagina web a cui l’utente accede anche tramite un tablet o uno smartphone.

I moduli Slave sono costituiti da boe immergibili capaci di operare alla profondità di almeno cento metri. Essi ospitano alcuni sensori connessi al modulo Master mediante un cavo marino che provvede altresì alla loro alimentazione. La configurazione dei sensori delle boe Slave prevede la rilevazione delle vibrazioni, della profondità, l’intensità del suono e lo stato trazione delle funi.
I dati provenienti dai sensori sono memorizzati dal modulo master galleggiante e periodicamente inviati al server remoto tramite la connessione dati. Un programma, funzionante sul server remoto, rende disponibile, tramite il web, un’interfaccia grafico per la visualizzazione in tempo reale dei dati e per il download dei file registrati.

I test del dispositivo sono stati effettuati nei Parchi Nazionali dell’Asinara e di La Maddalena e, per simulare l’evento di cattura di uno squalo elefante o di un pesce di grossa taglia, ci si è avvalsi della collaborazione di un subacqueo, che si è calato alla profondità di circa 20 metri, ha raggiunto la rete e ha effettuato una serie di manovre di strattona mento e sollevamento, in corrispondenza della boa sensorizzata e lungo la rete. Il sistema ha dimostrato di essere sensibile alle vibrazioni trasmesse dal cavo sommitale della rete fino a distanze dell’ordine del centinaio di metri. Il sensore di pressione ha correttamente rilevato il sollevamento della boa rispetto alla profondità di posa, mentre l’idrofono ha rilevato la presenza di suoni generati artificialmente in sua prossimità, quali il getto d’aria del respiratore o il passaggio del motoscafo di appoggio al di sopra della rete. Di questo dispositivo sono stati realizzati in totale 3 esemplari che verranno utilizzati nel futuro dai pescatori che, durante il progetto, hanno partecipato alla sperimentazione.
SharkLife ha redatto un Piano d’Azione dove sono state riportate una serie di notazioni utili come base di discussione per future raccomandazioni legislative. Inoltre, sono state indicate le Linee Guida per l’aggiornamento delle normative europee, cosa che ha richiesto lo studio comparativo delle liste delle specie protette nelle convenzioni internazionali. Oltre ai pescatori, professionali e sportivi, al personale delle Capitanerie di Porto e ai veterinari, che si possono considerare “addetti ai lavori”, SharkLife ha avuto un altro importante destinatario: il grande pubblico che tra le varie attività ha potuto ammirare 5 mostre di cui 1 itinerante e 4 stabili, allestite nell’Area Marina Protetta delle Isole Pelagie, nel Parco Nazionale di La Maddalena e in quello dell’Asinara e c/o la sede di Fondazione Cetacea, partner di progetto. La mostra itinerante, nel corso del progetto, è stata ospitata in 15 tra musei e acquari ed è stata visitata da oltre 200.000 persone.

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“Abbiamo lavorato, con grande soddisfazione, alla costruzione di un’alleanza storica: quella tra i pescatori e gli “squali” – dichiara Stefano Di Marco Vice Presidente Nazionale di CTS. Siamo certi che stiamo andando verso la giusta direzione e che i veri a beneficiarne saranno proprio gli squali che, all’apice della catena alimentare, giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento degli equilibri dell’ecosistema marino. Basta con il terrore mediatico. Nel mondo mietono più vittime le zanzare che gli squali. Se non si capisce che gli squali rappresentano dei veri e propri indicatori dello stato di salute dei mari e che la loro scomparsa determinerebbe un’inevitabile rottura dei delicati equilibri del mondo sommerso – conclude Di Marco – arriverà un momento in cui sarà davvero troppo tardi intervenire.”

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